Palm, 1996-2011
Definita dal Wall Street Journal come l’Homo Erectus dell’iPhone, acquistata l’anno scorso da HP per 1,8 miliardi di dollari, Palm cessa ufficialmente e definitivamente di esistere: il suo nome non verrà più utilizzato. Ad annunciarlo HP stessa.
A precedere il Pilot, il palmare che diede il successo a Palm, fu il Newton di Apple, un prodotto che invece si rivelò un disastro. Col Pilot la Palm riuscì dove gli altri avevano fallito, creando un mercato per i PDA. Ma dal 2007 in poi, con il lancio dell’iPhone, iniziò il rapido declino che portò all’acquisizione dell’azienda da parte di HP fino ad arrivare all’annuncio odierno.
Io stesso avevo un Palm, uno Zire (prima 71, poi 72), che usavo con soddisfazione ma anche con molta frustrazione. Che ho amato ma anche odiato. Svariati limiti, difetti nel software e complessità varie mi impedivano di fare quello che volevo o mi causavano la perdita di un’enorme quantità di tempo. Quello Zire poi, un giorno, diventò improvvisamente un oggetto del passato, un oggetto vecchio proveniente dai primi anni 90. Quel giorno fu il giorno in cui Steve Jobs presentò l’iPhone.
Però non bisogna incolpare Apple della morte di Palm. Palm si è uccisa da sola, non innovando per anni. A lungo ho utilizzato lo Zire chiedendomi se non si sarebbe potuto fare di meglio, domandandomi se era proprio necessario che compiti tanto semplici – come la connessione ad internet o l’utilizzo di un client di posta – dovessero necessariamente essere tanto complessi. Per anni ho navigato in internet dal mio palmare chiedendomi “possibile che non si riesca a creare un browser migliore?”.
Ho seguito – prima che l’iPhone ed altri smartphones simili nascessero – gli annunci della Palm e delle aziende concorrenti, rimanendone sempre deluso. I palmari nuovi non erano molto differenti da quelli vecchi. Nuovi modelli uscivano ma, nonostante ciò, non progredivano: il software non migliorava, non diventava né più semplice né più bello, le applicazioni restavano le stesse, costose e rare, l’hardware aveva gravi difetti. A partire dall’assenza del WiFi, che dovetti aggiungere con una scheda esterna.
Restavano gadget complessi da utilizzare, che svolgevano compiti molto semplici, ai quali era meglio non chiedere troppo.
Se la Palm avesse investito nel futuro, e avesse continuato ad innovare senza invece accontentarsi dei risultati ottenuti col Pilot, oggi forse la sua storia sarebbe diversa. Invece si è fatta trovare impreparata e improvvisamente i suoi prodotti sono sembrati a tutti noi vecchi. Improvvisamente ci è parso di avere fra le mani un oggetto del passato. Non prossimo, ma remoto.
Ma lo sapevamo fin da prima, che erano vecchi. Solo nessuno ce l’aveva mostrato tanto chiaramente. Vedere l’iPhone ha materializzato tutti i nostri dubbi, tutte ne nostre domande. “Ah, ma allora vedi che avevo ragione: si può fare di meglio”, è stato quello che ho pensato.
Il mio timore è che un’altra azienda si stia incamminando sulla medesima strada. Si chiama RIM. La sua storia rischia di avere troppi punti in comune con quella della Palm.
Carolus (July 26, 2011)
Aggiungerei anche Nokia. La scelta di passare dal vecchio Symbian a WP7 a occhi favorisce solo Microsoft. È un mondo che muta a velocità impensabili solo pochi anni fa ed è terribilmente miope restarsene seduti a guardare; prima o poi arriva qualcuno che cambia i paradigmi e per i pachidermi arriva l’estinzione. L’iPhone può piacere o meno ma è indubbio che sia stato il diluvio universale della telefonia mobile: ha spazzato via aziende blasonatissime e ne ha costrette altre sulla difensiva. Una vera rivoluzione.