Nella home di Apple.com oggi non ci sono prodotti, non c’è un iPhone e nemmeno un Mac. C’è al loro posto un bellissimo video, con fotografie accompagnate da frasi di Steve Jobs estrapolate da vari keynote. A conclusione, una lettera di Tim Cook:

Steve’s passing one year ago today was a sad and difficult time for all of us. I hope that today everyone will reflect on his extraordinary life and the many ways he made the world a better place.

One of the greatest gifts Steve gave to the world is Apple. No company has ever inspired such creativity or set such high standards for itself. Our values originated from Steve and his spirit will forever be the foundation of Apple. We share the great privilege and responsibility of carrying his legacy into the future.

Un anno fa

Il sottoscritto, oggi. Dannazione, Steve.

Forbes ha pubblicato una raccolta di aneddoti su Steve Jobs, perlopiù racconti di persone che hanno lavorato con lui:

“Even though he treated people like this, the reason he got such great people to work there, unlike most bosses, is that he appreciated great work. There are two components to giving employees great feedback. It takes someone who has the taste to know when you did great or lousy, and it takes someone who’s blunt enough to tell you. There are plenty of people who don’t have taste but are blunt.”

“One of the reasons I’m here is that I need your help, If you look at computers, they look like garbage. All the great product designers are off designing automobiles or off designing buildings. But, hardly any of them are designing computers. We’re going to sell those 3 million computers whether they look like a piece of shit, or they look great. It doesn’t really matter because people are going to suck this stuff up no matter what they look like. And it doesn’t really cost any more money to make them look great.”

Un intervento di Steve Jobs al Center for Design Innovation, risale al 1983 e nonostante questo si parla dell’iPhone, di Google Street View e di come occorra fare qualcosa per migliorare il design dei computer. Non credo fosse mai stato reso pubblico prima di oggi.

Cerchiamo ora di capire cosa vuole dire la frase di Picasso che Steve Jobs cita in questo video, che molti riportano oggi a sproposito. “Good artists copy, great artists steal”.

L’attenzione dovrebbe cadere sulla differenza fra copiare e rubare. Copiare significa prendere un’idea e riproporla tale e quale, farne un copia e incolla senza alcuna fatica aggiuntiva, senza alcuna innovazione. Rubare è qualcosa di diverso, significa prendere quello che c’è di buono in un’idea e riproporla, modificata, in un’ambiente o uso differente. Significa prendere l’idea e elaborarla, costruire qualcosa partendo da essa, portarla oltre al punto in cui è arrivata.

La differenza può sembrare sottile, ma è importante. È l’essenza del remix, o il motivo per cui fra il mouse di Apple e quello della Xerox c’è una differenza notevole. Fra il cellulare di Samsung e quello di Apple, invece

Il lavoro di Samsung nella creazione di un’alternativa all’iPhone è piuttosto modesto; è quello di un artista mediocre, che copia e imita. Tutto quello che Samsung si è limitata a fare è imitare Apple.

Una graphic novel su Steve Jobs in uscita in Italia, tradotta, il 23 Maggio. Su Forbes il video di presentazione, sul Post un’anteprima di alcune pagine del libro. Su Amazon, per concludere, la si può preordinare.

I più creativi e formativi: sono quelli che ha passato senza Apple, dopo essere stato cacciato e prima di fare ritorno.

If Steve Jobs’s life were staged as an opera, it would be a tragedy in three acts. And the titles would go something like this: Act I–The Founding of Apple Computer and the Invention of the PC Industry; Act II–The Wilderness Years; and Act III–A Triumphant Return and Tragic Demise.

The first act would be a piquant comedy about the brashness of genius and the audacity of youth, abruptly turning ominous when our young hero is cast out of his own kingdom. The closing act would plumb the profound irony of a balding and domesticated high-tech rock star coming back to transform Apple far beyond even his own lofty expectations, only to fall mortally ill and then slowly, excruciatingly wither away, even as his original creation miraculously bulks up into the biggest digital dynamo of them all. Both acts are picaresque tales that end with a surge of deep pathos worthy of Shakespeare.

But that second act–The Wilderness Years–would be altogether different in tone and spirit.

Fast Company in questo lungo articolo di Brent Schlender, nato dai trenta nastri che il giornalista possiede inerenti a passate conversazioni e interviste con Jobs svoltesi negli ultimi 25 anni. Alcuni passaggi ulteriori da essi ricavate da sono riportati in un altro articolo.

Sette pagine di Walter Isaacson sull’Harvard Business Review, spiegano i principali insegnamenti lasciati da Steve Jobs:

“Da ragazzo ho sempre pensato a me come un umanista, ma a cui piaceva l’elettronica”, mi ha detto Jobs il giorno in cui ha deciso di collaborare sulla biografia. “Poi ho letto qualcosa su uno dei miei eroi, Edwin Land di Polaroid, che parlava dell’importanza delle persone che sanno stare all’intersezione fra discipline umanistiche e scienza, e ho deciso che quello era ciò che volevo fare”. Era come se stesse descrivendo il tema della sua vita, e più lo approfondivo più mi rendevo conto che era, infatti, l’essenza del suo racconto.

Ha collegato le scienze umanistiche alle scienze, la creatività alla tecnologia, le arti all’ingegneria. C’erano tecnologi migliori (Wozniak, Gates) e certamente migliori designer e artisti. Ma nessuno nella nostra epoca poteva collegare meglio fra loro poesia e processori in un modo che ha scosso l’innovazione. In quasi tutte le presentazioni di un prodotto dell’ultima decade, Jobs concludeva con una diapositiva che mostrava un cartello all’intersezione di “Arti liberali e Tecnologia”.

La creatività che può nascere quando esiste un interesse sia per le discipline umanistiche che per le scienze in una personalità forte è stato ciò che più mi aveva interessato nelle mie biografie di Franklin e Einstein, e sono convinto che sarà la chiave con cui costruire economie innovative nel 21esimo secolo.

Un documentario del 1986 girato dalla PBS, con Steve Jobs alla guida di NeXT. Coloro che hanno letto la biografia, ritroveranno molti collegamenti a aneddoti in essa narrati.

More important than building a product, we are in the process of architecting a company that will hopefully be much more incredible, the total will be much more incredible than the sum of its parts, and the cumulative effort of approximately 20,000 decisions that we’re all gonna make over the next two years are gonna define what our company is. And one of the things that made Apple great was that, in the early days, it was built from the heart.

Fate in modo di trovare il tempo per guardarlo.

In questa registrazione del 1980 resa disponibile dal Computer History Museum, Steve Jobs discute di problemi e idee che poi finiranno, negli anni, col costituire una parte essenziale di Apple.

(Molti avranno sicuramente già visto quel video in cui Steve dichiara che i computer sono, per lui, come “biciclette per la mente”; in questo filmato è presente un abbozzo di quel pensiero, al quinto minuto circa.)

Un bel documentario su Steve Jobs della BBC (della durata di circa un’ora) con all’interno interviste a Woz, Stephen Fry, Tim Berners-Lee e John Sculley. Sbrigatevi a guardarlo, perché è facile che venga rimosso presto da YouTube. (*)

Steve Jobs: un editore

Nell’ultimo numero del New Yorker il giornalista Malcolm Gladwell ha riassunto in un articolo, “The Tweaker“, l’essenza delle più di 600 pagine che compongono la biografia di Steve Jobs. Il vero genio dell’uomo – almeno secondo l’interpretazione di Gladwell – non è stato tanto l’aver inventato qualcosa quanto l’aver perfezionato quello che già esisteva.

“La sensibilità di Jobs era più editoriale che inventiva”, ovvero Jobs era uno che prendeva le idee degli altri, idee ed invenzioni che già esistevano, e le migliorava. Era un editore più che un inventore: selezionava le migliori idee in circolazione e si preoccupava di raffinarle, di modificarne piccoli dettagli e caratteristiche, di rifinirle, di renderle perfette.

Questo genere di modifiche, da molti ritenute di seconda importanza, superficiali e non incidenti, si rivelano in realtà essenziali per il progresso. Possono rendere un’invenzione da semplicemente buona a ottima:

Nei memoriali, lo scorso mese, Jobs è stato più volte descritto come un visionario di larghe vedute ed un inventore. Ma la biografia di Isaacson suggerisce piuttosto che fosse un editore. Prese in prestito le caratteristiche del Macintosh – il mouse le icone – dagli ingegneri dello Xerox PARC dopo la sua famosa visita, nel 1979. Il primo riproduttore portatile di musica digitale uscì nel 1996. Apple presentò l’iPod nel 2001 perché Jobs aveva dato uno sguardo ai modelli in commercio e aveva concluso che facevano “veramente schifo”.  Gli smartphone iniziarono a uscire verso la metà degli anni 90. Jobs introdusse l’iPhone nel 2007, più di dieci anni dopo perché, scrive Isaacson, “aveva notato qualcosa di strano riguardo ai telefoni sul mercato: facevano tutti pena, esattamente come una volta i riproduttori di musica digitale.”

Jobs, in definitiva, era un editore. La sua grande abilità consisteva nel saper prendere il buono di quel che gli stava di fronte e metterne a punto le parti imperfette fino a renderle perfette. Raffinare il prodotto con piccoli, ma significativi, cambiamenti.

L’elogio funebre per Steve Jobs che Mona Simpson, sorella di Steve Jobs, ha scritto sul New York Times:

Le ultime parole di Steve furono monosillabiche, ripetute tre volte. Le ultime parole di Steve furono:

“OH WOW. OH WOW. OH WOW.”

Per cosa stimo Steve

Ieri Amazon mi ha finalmente inviato la biografia di Steve Jobs. Ho iniziato subito a leggerla (anche lui, l’ha fatto). Nel frattempo, i giorni precedenti, mentre la attendevo, evitando a fatica spoiler, ho letto articoli terribili sul carattere terribile di Steve. Uno di questi è quello di Farhad Manjoo su Slate. Manjoo potrebbe essere uno dei lettori di questo blog, nel senso che adora Steve e la Apple. Eppure, il suo articolo si chiama ‘Jobs the Jerk‘:

Viene fuori, però, che Jobs era molto peggio di quanto avessimo mai sospettato. Ci sono una serie di ammirevoli storie su Steve Jobs dentro ‘Steve Jobs‘, la biografia autorizzata scritta da Walter Isaacson, ma sono oscurate dalle tante, tantissime situazioni in cui Jobs ne esce fuori come un coglione di prima classe. Jobs era scortese, cattivo, offensivo e spesso poco aperto a chiunque nella sua vita; le persone che odiava venivano trattate male, ma le persone che amava a volte anche peggio. Parte di questo non sorprende. L’arroganza di Jobs, la sua monumentale autostima, la sua irresponsabilità e la sua incessante crudeltà verso coloro che non risultavano all’altezza delle sue aspettative hanno sempre perseguitato la sua figura.

Durante la sua vita, Jobs ha espresso rimpianto per alcune di queste sue azioni. […] Ma Isaacson ha raccolto così tanti casi di teppismo professionale e personale – e così tanti del Jobs cresciuto, ‘addolcito’ dagli anni – che persino gli ammiratori di Jobs da lungo tempo dovranno lottare per farsi piacere il ragazzo in questo libro.

Ma davvero molti si stupiscono? Jobs non è mai stato Bill Gates, un filantropo, una persona facile con cui avere a che fare: era un genio. Nessuno ne ha mai elogiato il carattere, la personalità, il modo di porsi quanto, piuttosto, quello che ha fatto. La passione che metteva in quello che faceva, la straordinaria visione, l’importanza che dava alle idee, folli, che gli hanno permesso di cambiare il mondo.

Non era da emulare, non umanamente: le ragioni per cui lo ricordiamo, e stimiamo, sono altre.

‘Audaci, folli, magnifiche idee’

Fra le persone che hanno parlato durante il ‘Celebrating Steve‘ c’è Jonathan Ive, il cui intervento – sull’importanza delle idee e del valore che ad esse Steve Jobs attribuiva – è stato veramente bello:

Steve era solito dirmi – ed era solito dirmelo molto di frequente – “Hey Jony, ecco qua un’idea stupida”.

E a volte lo erano. Idee veramente stupide. A volte erano davvero terribili. Ma altre volte assorbivano tutta l’aria della stanza e ci lasciavano entrambi completamente silenziosi. Audaci, folli, magnifiche idee. O idee abbastanza semplici che, nella loro minutezza, nel loro dettaglio, erano pienamente profonde.

E esattamente come Steve amava le idee, e amava fare le cose, trattava il processo creativo con rara e meravigliosa reverenza. Vedete, credo che lui meglio di chiunque altro avesse capito che mentre le idee, verso la fine, possono essere veramente potenti, nascono come qualcosa di fragile, pensieri a malapena formulati, così facilmente perduti, così facilmente fraintesi, così facilmente calpestati.

Da salvare, da rileggere, tutte le volte che le vostre folli idee verranno marcate come ‘stupide’. Un’idea non nasce finita: si evolve nel tempo, cambia e migliora. Un’idea, all’inizio, può apparire qualcosa di piuttosto banale e stupido. È solo alla fine, dopo un duro lavoro, che rivela tutta la sua potenza.