Un anno fa Mantellini se ne è uscito con un libro, di carta, dopo anni passati a pubblicare quotidianamente sul proprio blog personale (il libro è bello, si chiama “La vista da qui“, e parla dello stato di internet in Italia).
Su Le Macchine Volanti ha riflettuto sulla differenza fra scrivere per la carta e per il web:
Ho scritto milioni di parole in quesi anni, mai però mi era stato chiesto di uscire dal comodo formato della scrittura istantanea: opinioni e punti di vista assemblati nel giro di qualche giorno a commento del presente. Organizzare un libro di carta mi ha costretto ad immaginarne l’architettura: un inizio, una serie di capitoli, argomenti da scartare ed altri da comprendere, conclusioni da trarre. A differenza delle molte parole che riversiamo su Internet un libro pretende una sua geografia. Ti obbliga ad immaginarne il senso complessivo di una architettura complessa, a dosare gli ingredienti e le parole. […]
Molta della scrittura digitale, nei post di un blog, o nei commenti sui social network, è scrittura militante. Racconta l’impellenza di esprimere un punto di vista: mai in passato ci era capitato di farlo con tanta rapidità. La scrittura militante, anche quella superficiale e stupida di un commento oltraggioso ad un politico su Facebook ha sempre al suo interno una traccia positiva, rappresenta – se non altro – l’azione preferita all’immobilità. Una piccola trascurabile e in qualche caso magari anche imbarazzante discesa in campo.
Randall Munroe è bravissimo a rendere cose complesse divertenti e a spiegarle a chi di quelle cose non ci capisce nulla. Il suo nuovo libro — che arriverà a Novembre — si chiama Thing Explainer e in esso Randall fa solo quello, con schizzi e disegni: spiegare cose.
Using line drawings and only the thousand (or, rather, “ten hundred”) most common words, he provides simple explanations for some of the world’s most interesting things: our food-heating radio boxes (microwaves), our very tall roads (bridges), and our computer buildings (datacenters). He also explains the other worlds around our sun (the solar system), the big flat rocks we live on (tectonic plates), and even the stuff inside us (cells).
La copertina è sufficiente a far partire un pre-ordine:
La traduzione in italiano della nuova biografia su Steve Jobs, titolo originale Becoming Steve Jobs, è da oggi in vendita. S’intitola Steve Jobs Confidential.
Io l’ho già acquistata (in inglese). Se non ne siete ancora convinti, oltre a guardare l’incontro/intervista all’Apple Store di SoHo con John Gruber e gli autori del libro, consiglio di leggere la recensione di TidBITS, The Book of Jobs.
Becoming Steve Jobs complementa la biografia ufficiale, di Isaacson. Quella era un resoconto dettagliato della vita di Jobs, con accesso diretto a Jobs, senza un particolare obiettivo se non ritrarre in maniera quanto più oggettiva la figura di Steve Jobs — e che per questo falliva nel costruire una narrativa; Becoming Steve Jobs, invece, si pone come obiettivo quello di spiegare Steve Jobs, come già il sottotitolo (The Evolution of a Reckless Upstart into a Visionary Leader) dovrebbe lasciare intendere.
Scrive TidBITS:
Theirs [gli autori] is a somewhat novelistic account and it comes with an explicit agenda: to explain how Steve Jobs “turned around his life and became the greatest visionary leader of our time.” If it were an actual novel, it would be a Bildungsroman, a novel about the coming of age and the education and character development of its protagonist.
Amazon: Steve Jobs Confidential
La traduzione in italiano di Becoming Steve Jobs si intitolerà Steve Jobs Confidencial, uscirà il 7 Aprile ed è già preordinabile su Amazon. Becoming Steve Jobs è una nuova biografia su Steve Jobs che sembra promettere bene e che, forse, potrebbe riuscire a risollevarci dalla delusione di quella originale.
FastCompany ne ha pubblicati diversi estratti, durante la settimana. Ne segnalo due: quello in cui si parla di uno Steve Jobs più empatico (rispetto a quanto la narrazione comune racconti), e “The Evolution of Steve Jobs“:
Steve was always changing. Thinking of him this way casts him in a very different light from the more common view of him as a stubborn force of nature. It reframes what those of us fascinated by and engaged in business can draw from his example. If you search for “Steve Jobs” books on Amazon, you’ll find that most carry such titles as Steve Jobs: Ten Lessons in Leadership or The 66 Secrets of Steve Jobs: The Most Complete Step-by-Step Guide Ever Written on Becoming the Next Steve Jobs. Book publishers clearly believe that readers are dying to mimic a magical “Steve Jobs Recipe for Success.” (One possible exception: Steve Jobs Returns With His Secrets, which is, according to its jacket copy, a “spiritual interview with Steve Jobs, conducted just three months after his death.”)
The Verge ha pubblicato un estratto di The Best Interface Is No Interface, un libro sulla nostra ossessione per interfacce e schermi. “There’s an app for that”, ma non significa che un’app sia la via più semplice per risolvere le cose, anzi — a volte un’interfaccia è una complicazione aggiuntiva, che aggiungiamo solo per ossessione:
Avoiding a digital interface means you don’t waste time learning, troubleshooting, and using a screen you don’t need to be using anyway. That’s good design thinking, especially when designing around common tasks.
È in reading list.
‘Becoming Steve Jobs’ è un nuovo libro sulla vita di Steve Jobs scritto da Brent Schlender (giornalista che ha avuto modo di intervistare Steve Jobs più volte per il Wall Street Journal e Fortune) e Rick Tetzeli.
John Gruber, che l’ha letto in anteprima, l’ha definito “remarkable”:
The book is smart, accurate, informative, insightful, and at times, utterly heartbreaking. Schlender and Tetzeli paint a vivid picture of Jobs the man, and also clearly understand the industry in which he worked. They also got an astonishing amount of cooperation from the people who knew Jobs best: colleagues past and present from Apple and Pixar — particularly Tim Cook — and his widow, Laurene Powell Jobs.
The book is an accurate, engaging retelling of the known history of Jobs’s life and career, but also contains a significant amount of new reporting. There are stories in this book that are going to be sensational.
Solo sulla base di questa recensione, vale la pena pre-ordinarne una copia per quando uscirà.
È uscito per Codice Edizioni Homo Pluralis, il nuovo libro di Luca De Biase su come sono e saranno gli esseri umani cambiati dall’evoluzione tecnologica recente e prossima — intelligenza artificiale, robot e droni, big data.
Il Post ne ha riportato un pezzo, di cui a mia volta riporto il paragrafo dedicato alla privacy e all’argomento “ma io non ho nulla da nascondere“:
In realtà, le persone vogliono uno spazio in cui essere lasciate al riparo dal giudizio degli altri. Perché quel giudizio di per sé le limita. Per non temere le invasioni della privacy occorrerebbe essere o sentirsi talmente poco interessanti e così conformisti e omogenei da non avere nessuna diversità da proteggere da nessun punto di vista. E del resto, come diceva Bentham, sentirsi osservati costantemente produce un comportamento autocontrollato, conforme a ciò che si immagina che gli altri si aspettino. Questo però riduce la creatività, il dissenso, la critica, l’opposizione, l’invenzione, lo stupore e molte delle qualità umane che fanno avanzare la cultura e la società. Le piattaforme online che costruiscono una socialità trasparente e una vita esposta sotto gli occhi di tutti conducono al conformismo, suggerisce Alessandro Acquisti, ricercatore alla Carnegie Mellon University. Occorre una diversa narrazione per mantenere viva la possibilità di riprogettare continuamente le piattaforme e difendere la diversità culturale e umana dalla circolazione indifferenziata di informazioni. Una narrazione basata sulla pluralità delle dimensioni della vita degli esseri umani.
(Conto di leggerlo)