Quello che si dice sul TouchPad

Da ieri la rete è invasa da recensioni sul TouchPad, il nuovo tablet di HP. Ne ho raccolte alcune, quelle più interessanti.

Shawn Blanc:

I computer sono personali, i tablet sono altamente personali.

Secondo Shawn Blanc più di tutti i requisiti tecnici, di tutte le funzioni e applicazioni, a piacere dell’iPad è quella che lui chiama la likability del dispositivo, ovvero quella che potremmo tradurre come la sua capacità di instaurare un legame con l’utente e farsi piacere. Sempre secondo Shawn Blanc, il TouchPad è il primo tablet ad avere anche questa caratteristica: forse ha un po’ di bug e di problemi, ma è piacevole da utilizzare.

Walt Mossber:

Ho testato il TouchPad per una settimana e, dal mio punto di vista, nonostante le attrattive che offre l’UI, la prima versione semplicemente non riesce a competere con l’iPad.

Joshua Topolsky:

Software lento ed incompleto in tutto l’OS, Hardware di scarsa qualità.

Se non avete tempo di leggere tutte le recensioni, questa è la migliore fra quelle pubblicate.

Jason Snell su Macword:

C’è una qualche ragione per cui comprare un TouchPad oggi? Non riesco a vederla. In una comparazione con l’iPad originale, il TouchPad potrebbe vincere a causa del suo processore dual-core e del supporto al multitasking. Ma oggi l’iPad 2 ha entrambi, assieme a decine di migliaria di applicazioni e quasi nessuna con le stranezze che il TouchPad mostra.

Tim Stevens su Engadget:

Il ridotto quantitativo di applicazioni disponibili è un problema, senza dubbi, ma questo cambierà col tempo. Quello che non cambierà è l’hardware, che ci ha lasciato piuttosto scontenti.

Matthew Panzarino su The Next Web:

Posso dare a voi una semplice ragione per cui non acquistarlo e vale per tutti i tablet che ho testato personalmente e per quelli di cui ho letto le recensioni:  “La fluidità e l’immediatezza dello schermo touch screen e dell’UI”.

Al TouchPad – come al tablet di RIM e a quello di Samsung – mancherebbe questa caratteristica. Sarebbe, secondo TNW, la ragione per cui nessuno riesce a fare un tablet migliore dell’iPad.

Prendetevi cura degli utenti, rilasciate aggiornamenti ed altre cose

L’impressione generale che più o meno tutti abbiamo avuto, guardando lo Xoom, il PlayBook o altri tablet che dovrebbero fare da concorrenti all’iPad, è che siano un primo tentativo delle aziende che li producono di realizzare un tablet ma che a questi manchino molte funzioni e che molte di quelle presenti non vadano poi tanto bene. Ciò probabilmente è dovuto alla fretta di rilasciare sul mercato un’alternativa all’iPad, ed infatti le medesime aziende hanno più volte ricordato che miglioreranno i propri tablet col passare del tempo attraverso updates che correggeranno eventuali errori e abiliteranno cose nuove.

La scorsa settimana Apple ha rilasciato un aggiornamento di iOS, aggiornamento che ha risolto e chiuso definitivamente il Location Gate correggendo il bug che aveva sollevato tanto clamore presso la stampa. Apple, come si può notare, è stata molto efficiente: gli ci sono volute solo due settimane per correggere il bug e rilasciare un aggiornamento che fosse usufruibile da tutti gli utenti dei suoi dispositivi. Il sistema si è dimostrato efficiente soprattutto perché è centralizzato: Apple sa di quali device deve prendersi cura e rilascia degli update mirati a migliorarli. L’utente, inoltre, sa che collegando il proprio iPhone al computer potrà gestire ogni aspetto del device, ed eventualmente aggiornarlo.

If you’re serious about software, you should make your own hardware. (Steve Jobs)

Google, al contrario, non è riuscita a fare altrettanto: è probabile che passeranno dei mesi prima che un aggiornamento per Android veda la luce ed è ancor più probabile che quando questo verrà rilasciato gli utenti non avranno un modo standardizzato e chiaro per accorgersene. Il problema può essere sia di Google che non è stata in grado di fornire un “centro” da cui gestire il proprio telefono ma è anche congeniale ad Android stesso, che frammentandosi su più dispositivi ne rende molto difficile la realizzazione.

Ma tornando ai tablet, Jonas Wisser scriveva l’altro giorno, riguardo ad Android che “non c’è coerenza nell’esperienza e non c’è nemmeno coerenza nel ciclo degli aggiornamenti.” Se questo può in parte venire tollerato nel mercato degli smartphone – perché prima del lancio dell’iPhone nessuno era abituato a ricevere aggiornamenti al proprio telefono – lo è di meno in quello dei tablet, dove la gente se li aspetta. Justin Williams, un programmatore di iOS, ha un suggerimento per le aziende che vogliono sconfiggere l’iPad:

Per riuscire a scalfire la posizione dominante di Apple Google, Microsoft, Blackberry e HP devono concentrarsi meno sulle specifiche tecniche o sull’apertura della loro piattaforma e di più sul riuscire a fornire ai propri utenti degli update regolari dell’OS che stanno utilizzano. Le specifiche tecniche sono come il porno per i blog tecnici, ma il software e una grande disponibilità di applicazioni è ciò che fa vendere i tablet.

I punti chiave, in quest’ottica, secondo me sono tre.

Il primo è quello della centralizzazione, del riuscire a realizzare un centro di controllo dal quale gestire ed organizzare l’OS, e tutto questo discorso può essere riassunto e riportato al solito discorso, che oramai vi sarà venuto a noia, ovvero alla costruzione di un ecosistema che ruoti attorno al prodotto.

Il secondo è relativo alla cultura delle aziende che si sono immesse nel mercato, è relativo a Microsoft, BlackBerry e HP e al modo in cui fino a ieri hanno operato. Queste pare che abbiano a cuore solamente i “possibili acquirenti” dei loro prodotti: una volta che i prodotti li hanno venduti abbandonano quelli che sono così diventati “i loro utenti” a se stessi, fornendogli un’assistenza scarsa e pochissimi servizi. Apple al contrario continua a fornire costanti update e a investire sui suoi utenti. Queste aziende, dunque, devono imparare a “viziare” i loro utenti, a fornirgli assistenza e dei servizi validi anche se i soldi li hanno già presi.

Il terzo riguarda gli “evangelist” di Android, che sembrano non aver capito come funzionano i nuovi device, sia l’iPhone che l’iPad. Non hanno ancora capito che alla gente, quella comune, quella che alla fine le cose le compra e spende i soldi, non gliene frega nulla della (supposta) apertura del loro OS. Quel che gli interessa è che l’OS funzioni, e bene. Che poi questo abbia un’entrata USB o altri gingilli tecnici, che abbia tutte quelle cose che tanto li fanno eccitare o che sia aperto beh, che si rassegnino: sono cose che non interessano e che sicuramente non guidano le vendite.