Riguardo Volunia, argomento fino ad oggi volutamente evitato su queste pagine perché se mi mettessi a recensire e parlare di ogni startup che crede di essere innovativa e speciale annoierei tutti infinitamente, ho solo due cose da dire. Le dico, velocemente, sotto forma di appunti, sapendo che andrebbero entrambe sviluppate maggiormente.
La prima cosa riguarda la retorica stantia e noiosa sull’Italia, tutti orgogliosi di un prodotto solo perché può vantare del tricolore, di un Marchiori che ricorda in ogni occasione e ad ogni evento di avere milioni di proposte estere, proposte che puntualmente rifiuta perché desidera rimanere in Italia e lottare [1. Sul tema, Volunia è nato vecchio perché è figlio dell’università, Paolo Bottazzini su Linkiesta.it]. Lodevole, ma questo deve essere un elemento di contorno, non il fulcro di tutto, non deve essere la sola ragione per cui si parla del progetto. E invece fiumi di parole a ricordare a noi, in ogni occasione, che il prodotto è italiano, frutto di menti italiane.
Se il mio obiettivo fosse l’arricchimento personale, avrei da tempo abbandonato l’Università e l’Italia e accettato una delle offerte provenienti dall’estero. Mi sono invece immerso anima e corpo in questo progetto per la bellezza di far progredire il mondo del web, per il piacere di dare una scossa al futuro e fare qualcosa di utile. Ed anche per altri motivi, come quello di dare stimoli all’Italia, mostrare che si deve cercare di innovare, e non serve necessariamente scappare da questo Paese per farlo.
Essendo io una persona strana, il luogo di sviluppo e nascita di un progetto sono fra le ultime cose a cui faccio caso quando mi iscrivo a un sito. Essendo una persona originale, io mi iscrivo a un sito se è bello e se il prodotto che offre funziona. Essendo stravagante, la nazionalità degli sviluppatori è in secondo (anzi, terzo) piano. Invece mi sembra che l’unica ragione per cui la stampa ha tanto parlato di Volunia è che Volunia è nata in Italia.
Ora, Volunia, grande esempio di quello che l’Italia può far nascere, aveva:
- Una grafica così bella che veniva voglia di navigare il sito disattivando il CSS
- Non funzionava
Il sito non funzionava. Il motore di ricerca non ricercava, le metamappe di per sé risultano piuttosto inutili. Ecco perché è fallito. Mica perché è difficile innovare in Italia[2. Non sto negando che lo sia, manca sicuramente il dare spazio e fiducia alle nuove idee, la cosiddetta cultura del fallimento. Ma Volunia non ce l’ha fatta per altre ragioni]. Mica per la miopia degli investitori.
La seconda cosa che voglio dire, la faccio corta, è che la lettera in cui Marchiori annuncia il suo ritiro, inviata alla stampa, e pubblicata acriticamente dalla medesima, rappresenta bene un altro problema italiano. In Italia manca la cultura del fallimento, dice Riccardo Luna (ex direttore di Wired Italia) commentando le reazioni del web alla lettera. Vero, ma manca anche un’altra cosa: la cultura del prendersi la responsabilità delle cazzate che si fanno.
Volunia l’hai fatto te, Marchiori. L’hai promosso, diffuso e portato avanti. Ne hai parlato per mesi alla stampa, creando un immotivato hype, e ora te ne tiri fuori, dicendo che eri già a conoscenza di tutti i problemi — dovuti ad altri, non a te. Hai lavorato e promosso un progetto in cui non credevi, dicendo però, fino a ieri, ai giornali che quello era un grande progetto che rappresentava quello che l’Italia può essere in grado di fare.
Manca la cultura del fallimento (e magari dell’essere in grado di ammetterlo, anche), ma questa cosa qua, che roba sarebbe? La cultura del non sono stato io, la colpa e i problemi sono sempre da dare a terzi?