Sì, sappiamo che dovremmo usare password più lunghe e difficili, e usarne di diverse in ogni diversa occasione, e aggiornare regolarmente tutti i software, e installare sempre gli antivirus che spesso non servono a niente, perché le minacce più gravi sono le più nuove. Dovremmo, dovremmo.
Però poi ci diciamo: perché qualcuno dovrebbe attaccare proprio me? Perché dovrebbero provare a indovinare la mia password, a infilarsi nella mia USB stick? Luciano Floridi, uno dei massimi teorici di etica informatica, ha detto che in rete nessuno si sente Moby Dick: tutti si sentono sardine, protetti dal banco tutt’intorno. Con uno spirito simile spesso lasciavo aperta la porta del mio vecchio appartamento, quando dovevo prestare le chiavi a degli ospiti, confidando che nessuno sarebbe arrivato all’ultimo piano della mia scala nella mia palazzina solo per provare la maniglia di una porta a caso nella speranza di trovarla aperta.
Come moltissime analogie usate per capire le questioni della rete, anche questa sembra intuitiva ma non funziona.