La mistificazione delle conversazioni faccia a faccia
Sherry Turkle — autrice di Alone Together — ritiene che abbiamo sacrificato la “comunicazione” per una mera connessione. Ne ha scritto in “The Flight From Conversasion“, assieme ad altre asserzioni più o meno condivisibili. Che frequentemente si condivida senza pensare alla cosa condivisa, riponendo quasi più valore nell’atto stesso che nel messaggio, è quanto mai vero. Che spesso abusiamo della connessione è un’idea tanto giusta quanto banale: sì, a volte ci lasciamo prendere da internet, ne facciamo un uso smodato e finiamo col venirne completamente assorbiti. L’invito — presente nell’articolo — ad usare i nostri iPhone più consapevolmente, che significa evitare di avere uno sguardo perennemente fisso sullo schermo, alienati dal mondo esterno, è senza dubbio apprezzabile.
Molto di discutibile ci sarebbe invece nel modo in cui Turkle presenta le conversazioni reali [1. Reali, secondo lei, sono tutte le conversazioni che non avvengono in rete], fra due o più persone sedute davanti ad una tazza di caffè, contrapponendole a quelle che avvengono online. Le conversazioni faccia a faccia, dice, sono lente, insegnano ad essere pazienti, sono formate da interlocutori completamente dediti alle stesse e pronti a dedicare il loro tempo alla persona che hanno di fronte.
Io ritengo questo sia falso, sia una mitizzazione delle conversazioni volto a volto — che possono essere anche così ma molte volte non lo sono. Frequentemente sono caotiche, composte da gente interessata solo alla sua opinione e poco accorta nell’ascoltare quella altrui, alcune sono piene di ragionamenti e argomenti fallaci, ai quali non si ha tempo di ribattere, ad altre si ribatte troppo in fretta, alzando i toni e zittendo il nostro interlocutore. Riassumendo, capita che siano meno valide di quelle online. Non è una regola, così come altrettanto non dovrebbe esserlo la visione proposta da Turkle, la quale invece dice che “non importa quanto siano di valore, [Twitter, facebook, le email] non sostituiscono le conversazioni reali” e aggiunge “non funzionano bene quando dobbiamo capire e conoscere una persona”. Sono contrario, credo che la rete e, in definitiva, le parole scritte possano aiutarci a conoscere meglio una persona, o a conoscere parti di lei che a voce abbiamo perso, siano insomma un’integrazione di quella persona. Le conversazioni virtuali sono, se condotte con “fatica”, intesa come dedizione e attenzione, paragonabili a quelle reali, altrettanto valide. Ne parlavo, riguardo questa mia convinzione, lo scorso febbraio in un articolo, “Connettersi meglio“.
Per concludere, c’è un ultimo argomento che Turkle propone, marginalmente in questo articolo ma frequentemente nei suoi scritti. Riguarda l’isolarsi momentaneamente durante una conversazione, nascondersi dietro allo schermo dell’iPhone o iPad mentre si è in presenza di una persona. Questa cosa che ci distraiamo, che anche se siamo in compagnia di altri non ci facciamo problemi ad usare la rete, o inviare SMS, ignorando la persona che abbiamo di fronte. L’argomento ottiene sempre un ampio consenso — “ecco come ci ha ridotto la tecnologia” o, per usare le parole di Turkle, “insieme ma soli“.
La cosa è fastidiosa, se si prolunga nel tempo e a seconda del modo in cui la si compie, ma dobbiamo evitare anche in questo caso di pensare in maniera estremista. A me capitava prima dell’iPhone di isolarmi momentaneamente durante una cena con più persone; davvero i presenti credevano che prima degli smartphone io fossi attento e vigile come ad una lezione universitaria, senza mai distrarmi né dedicarmi ad altri pensieri, ai miei pensieri? Davvero credete che le persone abbiano iniziato a rifugiarsi in se stesse con l’avvento dello smartphone?
Vige la regola del buon senso. Il buon senso di chi parla, a non sentirsi mortalmente offeso se qualcuno si dedica momentaneamente al proprio iPhone, e al buon senso di chi ascolta, a non passare l’intera serata nel suo smartphone; inviando SMS ogni cinque minuti.
Adriano Meis (May 4, 2012)
“Frequentemente sono caotiche, composte da gente interessata solo alla sua opinione e poco accorta nell’ascoltare quella altrui, alcune sono piene di ragionamenti e argomenti fallaci, ai quali non si ha tempo di ribattere, ad altre si ribatte troppo in fretta, alzando i toni e zittendo il nostro interlocutore”
Come in parlamento in pratica…
No a parte gli scherzi, cambia gruppo di amici, quando troverai quelle poche, pochissime, persone con cui converserai bene, in armonia e nel rispetto reciproco capirai che “dialogo” non è un sinonimo di “comunicazione” ma è un estensione di essa, la più alta, mai paragonabile ad una comunicazione digitale scritta, lenta, sincrona e priva di qualsiasi espressività.