pointer‘La folla? Non poi così saggia’

David Carr è un columnist del New York Times, scrive soprattutto di giornalismo e informazione sulla sua rubrica settimanale “Media Equation“. Intervistato da The Verge, ha spiegato perché è importante che l’informazione non venga lasciata in mano ai soli consumatori ma esistano anche realtà — come il New York Times, come i quotidiani — formate da esperti che selezionano per altri quello che devono sapere (ovvero: l’importanza delle notizie che non ci interessano):

Se stai mettendo tutte le tue storie su internet e queste stanno venendo condivise senza fatica sui social network, la gerarchia delle varie storie sta venendo determinata democraticamente — o algoritmicamente. Solo che noi [giornalisti/quotidiani] siamo praticamente nel business di creare una gerarchia.

Ora che sono immerso nell’informazione ogni singolo giorno e le cose mi sfrecciano davanti, in qualche modo amo l’organizzazione determinata [delle notizie] del New York Times. Molte volte mi sveglio e penso al giorno che è appena passato e mi chiedo, “Cos’è stato? Cos’è successo?”. Un sacco di cose, e non so davvero dire quale fra queste fosse importante. Non sto dicendo che questi ragazzi sono delle specie di maghi che ci azzeccano sempre. Ma sono abbastanza bravi nel selezionare le storie. […]

Puoi dipendere dalla saggezza della folla per farlo, per creare il tuo stream di notizie — ma nella mia esperienza? La folla: non poi così saggia. Non desidero che tutta la mia informazione dipenda da cos’è popolare su Twitter.

Quanto riportato sembra fare l’occhiolino a una dieci regole del giornalismo del direttore del Guardian: “aggregare/curare il lavoro altrui”. I giornali hanno questa funzione: quella di filtrare le notizie, dargli un ordine, contestualizzarle e, attraverso ciò, dotarlo di un significato maggiore, spiegarle, costruire delle storie.

Credo siano un esempio del valore (contestato da alcuni) del “curatore”, affermato dal The Curator’s Code. Come infatti ricorda Clay Shirky:

Aggregare significa creare valore filtrando la buona informazione dal web. Curare è lo stesso ma con l’aggiunta di un punto di vista.

Camillo Miller (April 4, 2012)

La questione è importante, ma l’approccio del Curator’s Code non mi piace, più che altro per la scelta tecnica di due simboli che, oltre a non essere universalmente compatibili con tutti i sistemi, hanno natura criptica, ben poco intuibile da lettori che non hanno tempo/voglia/basi culturali per capire che cosa significhino quegli strani glifi a fondo pagina.

Francesco (April 5, 2012)

Se non erro la redazione delle notizie va a formare il timone, dove viene fatta una scaletta sulla “notiziabilità” di un fatto. È un ruolo fondamentale, visto che connle loro competenze, permettono di semplificarti la vita. È simile ad un anti-spam intelligente, che filtra per te i contenuti buoni da quelli cattivi, con un criterio logico. Trovo molto utile The curator’s Code nell’ottica di una convenzione, che permetta di autodefinirsi come indice di riferimento.