Perché Apple produce i suoi device in Cina
Un’inchiesta lunga, approfondita e degna di lettura del New York Times sul perché a partire dal 2004 Apple abbia spostato l’intera catena di produzione fuori dagli USA, dove costruire un iPhone costerebbe solo 65 dollari in più rispetto che in Cina:
È difficile stimare quanto in più costerebbe costruire gli iPhone negli Stati Uniti. Comunque, diversi docenti universitari e analisti hanno stimato che siccome la forza lavoro è molto ridotta nella produzione di tecnologia, pagare degli stipendi americani aggiungerebbe 65 dollari al costo di ciascun iPhone. Dato che i profitti di Apple sono spesso sui centinaia di dollari per telefono, costruirlo in casa, teoricamente, lascerebbe comunque all’azienda un margine di profitto significativo.
La flessibilità, scalabilità e rapidità delle fabbriche cinesi, non il costo della manodopera, sembrano essere le ragioni principali. Questo perché la rapidità per le aziende informatiche è fondamentale: mentre la General Motors cambiava il design di un proprio modello d’auto una volta ogni cinque anni, Apple rivoluziona l’iPhone frequentemente, costringendo l’intera catena di produzione ad essere adattata e modificata di continuo.
Diverse storie riportate all’interno dell’articolo dimostrano questa flessibilità delle fabbriche cinesi:
La Apple aveva ridisegnato lo schermo dell’iPhone all’ultimo minuto. I nuovi schermi arrivarono alla linea di assemblaggio in Cina intorno a mezzanotte. Un caposquadra radunò ottomila operai dai dormitori dello stabilimento. A ognuno fu dato un biscotto e una tazza di tè, poi furono condotti alle loro postazioni e nel giro di mezz’ora cominciarono a montare gli schermi”. In nessuna fabbrica degli Stati Uniti sarebbe stato possibile. (*)
Nel 1990, quando Jobs era alla NeXT, aveva detto durante un intervista “sono orgoglioso della fabbrica quanto lo sono del computer”, passaggio riportato anche nella biografia, e l’azienda si vantava che i suoi prodotti erano fatti in America — ed infatti fino al 2002 gli iMac sono stati assemblati in California, a Elk Grove.
Tim Cook è stato colui che ha preso la decisione di spostare gli impianti in Asia: la maggior parte delle aziende già l’avevano fatto e, come un dirigente ha dichiarato, “non possiamo più competere con le fabbriche asiatiche, a questo punto”.
Max (January 24, 2012)
cit. “A ognuno fu dato un biscotto e una tazza di tè, poi furono condotti alle loro postazioni e nel giro di mezz’ora cominciarono a montare gli schermi”
Si chiama sfruttamento, lo so’ che a voi non fotte ‘na sega…ma quello e’…
(January 24, 2012)
Ma c’è per caso scritto che si tratta di una cosa buona e giusta? Perché credi che fra i 40 (o più) paragrafi di cui l’articolo era composto — alcuni dei quali dicono che è impossibile che sia vera, la storia, avendo i dipendenti delle tessere magnetiche che gli impediscono l’ingresso in fabbrica al di fuori dell’orario di lavoro — abbia riportato proprio quello?
Per dimostrare che si trattava di una cosa bella?
Tux (January 27, 2012)
Non linko, ma sul Messaggero c’è un articolo abbastanza completo.
(January 27, 2012)
Se ti riferisci a questo, fa riferimento ad un altro articolo del NY Times, uscito l’altro ieri, che sinceramente non ho ancora letto: sono sette pagine, ce l’ho segnato da leggere ma ancora non sono riuscito.
Daniele (February 23, 2012)
E’ semplice, se credi a tutto quello che scrivono allora hai già una risposta, non ti va bene che funzioni così, allora smettila di comprare materiale costruito o assemblato in cina, ben presto verrò a trovarti sotto un ponte, con il rischio che pure il ponte contenga materiale di provenienza cinese. Se poi vogliamo attaccare APPLE, be allora è un altro discorso….